Il 1 settembre 2014 anche il Fatto Quotidiano si è occupato del convegno del 20-21 settembre a Roma (Educare alle Differenze) al quale partecipa la Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni.
L'intervista si è focalizzata sulla questione della mozione di Regione Lombardia del 1 luglio 2014.
Qui il link per leggere l'articolo:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/01/educazione-genere-associazioni-fanno-rete-ostacolati-da-cattolici-e-forze-di-destra/1103013/
17 febbraio 2014 - Valeria Rosini – UAAR
Rappresento la Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni, ma come tutti coloro che ne fanno parte, ho una doppia appartenenza, perché anche noi, come Il Forum delle Religioni, siamo una associazione di associazioni. Dirò quindi che rappresento anche il Circolo di Milano dell'UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, e che è in questa veste che partecipo, con molta convinzione, e fin dal suo inizio, ai lavori della Consulta, la quale ha deciso di dedicare la sua annuale celebrazione del 17 febbraio al Forum delle Religioni e alla Carta di Milano.
Dunque: siamo tutti in associazioni di associazioni. Credo che questa sia una buona formula: un modo per mettere insieme le risorse di pensiero di tanti e diversi, alla ricerca di soluzioni leali ai problemi della convivenza civile.
Dopo avere letto con attenzione la Carta di Milano, mi sento di esprimere qui il più caloroso benvenuto al Forum delle Religioni, che con i dieci punti della sua Carta, entra a far parte di coloro che, in Italia, si battono per la piena applicazione dell'articolo 3 della Costituzione, che richiama alla parità dei diritti di tutti i cittadini al di là di qualunque diversa appartenenza o condizione personale.
E il richiamo al bellissimo e disatteso articolo 3, si legge, chiaro, fin dall'introduzione, nella Carta di Milano.
Nei primi punti della Carta le religioni che fanno parte del Forum si prefiggono non solo di rivendicare le loro libertà con spirito di eguaglianza reciproco, ma anche di essere parte attiva nello scambio con le istituzioni. Fondamentale, secondo me, perchè è proprio nello scambio con le istituzioni che ci incontriamo e ci confrontiamo tutti.
E' lì, in quello scambio, che si costruisce la “Casa comune”.
Si vede emergere, direi come necessità inevitabile, che, se le religioni si aprono al dialogo reciproco, non possano farlo per stabilire quale delle fedi sia quella giusta (ciò su cui non esiste accordo possibile) ma debbano partire dal riconoscimento che ogni fede, come ogni opinione, hanno pari diritto di cittadinanza e devono essere tutelate tutte insieme.
Ovvero: se le religioni dialogano tra loro non possono che occuparsi delle libertà di tutti.
A tal proposito trovo di grande stimolo il punto 5, in cui si auspica la possibilità che tutti abbiano l'opportunità di conoscere le tradizioni religiose (e aggiungerei “e le culture non religiose”) presenti nella collettività.
Infatti: come si potrebbe parlare di libertà di coscienza, di religione e di opinione, in assenza di consapevolezza e conoscenza?
Sarebbe forse libertà di religione e di opinione quella che consente ad ogni individuo di conoscere solo la cultura dei suoi antenati, rimanendo chiuso nell'alveo della sua piccola o grande comunità culturale?
E' possibile parlare di libertà se non c'è scelta?
E c'è scelta senza conoscenza e confronto?
A noi sembra di no!
Molto giusto mi sembra anche il modo di affrontare la questione dei simboli religiosi che devono, sì, poter essere indossati sulla persona come manifestazione della libertà di espressione, ma che devono anche essere limitati per i rappresentanti degli uffici pubblici.
Questo significa che il Forum delle Religioni ha dato MOLTA importanza alla neutralità degli spazi pubblici, perché solo se sono neutrali ognuno può sentirvisi a casa sua, e non "graziosamente ospite a casa d'altri”, come capita di sentirci all'ombra dei crocefissi. Allora, se è importante il dialogo reciproco, se è importante la reciproca conoscenza e la neutralità di luoghi comuni, mi sembra, anche se la Carta non entra nel dettaglio, che non ci si possa che dirigere che verso la valorizzazione della scuola pubblica come luogo primo e universale dell'incontro e del dialogo.
Non sono sicura che questo sarà in futuro l'esito cui giungerà il Forum delle Religioni, anche se a me sembra ben avviato in questa direzione, ma se così sarà potremo dire che le Religioni del Forum sono riuscite a non cadere in una terribile tentazione: quella di seguire il cattivo esempio di quei cattolici che vorrebbero sempre più numerose e sempre più fruibili le scuole confessionali, le quali, per loro stessa natura, separano tra di loro i futuri cittadini per appartenenza religiosa, impedendo di conoscersi, frequentarsi, capirsi, confrontarsi, e negando con ciò il diritto fondamentale di una scelta basata sulla conoscenza e sullo spirito critico.
Noi pensiamo che la scuola pubblica, che induce vicinanza e conseuetudine di frequentazione fra i ragazzi di tutte le provenienze culturali (ma fra un po' anche tra insegnanti di tutte le provenienze culturali), sia l'unica garanzia contro la violazione del diritto fondamentale di conoscere gli altri. Tutti gli altri.
Che però il Forum delle Religioni giunga alla stessa conclusione non sarebbe un esito scontato, ne' banale.
Sappiamo infatti che in altri paesi, pur laici, si è scelta quella concezione della laicità che è nota come multiculturalismo, ovvero quella che riconosce sì, il diritto di ogni comunità di organizzarsi come meglio crede, ognuna con pari diritto, creando scuole comunitarie, o confessionali.
Ma senza prevedere quelle che sarebbero state le conseguenze di comunità e culture diverse che condividono lo stesso terriotorio, ma senza nessuna conoscenza reciproca e senza sviluppare capacità reciproca di relazione.
Non solo questo modello ha dato risultati negativi sul piano della convivenza, ma ha negato ai singoli individui di scegliere liberamente e consapevolmente cosa e quanto accogliere della cultura dei genitori e degli antenati, e cosa invece scegliere di cambiare nel reciproco scambio e arricchimento con tutti gli altri.
Insomma, una concezione della laicità che rispetta i gruppi nel loro perpetuarsi, ma non rispetta l'unicità e la libertà dei singoli individui.
E,... cosa forse ancor più grave, non costringe alla scoperta, o alla costruzione, di un linguaggio comune, di un bagaglio di concetti condivisi, mattoni fondamentali per poter ragionare insieme.
E senza questo non può esistere, a mio avviso, “Casa comune”.
Per una volta, forse, l'arretratezza italiana nell'affrontare i temi della convivenza tra culture diverse, ci offre un vantaggio: quello di avere il tempo per imparare dagli errori degli altri e non ripeterli.
Se vogliamo, però, collaborare con forza in questa direzione, dobbiamo affrontare una necessità, di cui il Forum delle Religioni, molto signorilmente, non parla: la necessità di combattere coloro che, in Italia, godono di privilegi che, se fossero estesi a tutti sarebbero pericolosi, e che se sono mantenuti a pochi costituiscono ingiustizia verso tutti gli altri.
La Carta dice come sia giusto che i luoghi di culto debbano essere pagati dalle diverse comunità religiose e non con i soldi di tutti. Siamo d'accordo! Ci piacerebbe che così fosse anche per i cattolici, dai quali ci aspettiamo di vedere nei prossimi anni, un dibattito sempre più aperto e generalizzato che li renda consapevoli che tenere privilegi per sé significa imporre ingiustizia a tutti gli altri.
Ma, certamente, i luoghi di culto, a spese dei fedeli stessi, non hanno ragione alcuna di essere limitati.
La frase conclusiva della Carta richiama per l'ennesima volta alla libertà di religione e di opinione. Non può che trovarci in pienissimo accordo. Se dovessi, alla fine, fare un appunto, lo farei sul vago punto 3, e su di una questione che lascerò poi al dibattito, e non solo a quello di stasera.
Come si può chiedere che le istituzioni e gli spazi pubblici siano neutrali, e nello stesso tempo raccomandarsi il rispetto per le tradizioni culturali e i simboli religiosi che sono stati e sono presenti nel paese?
Non avevamo detto che il rispetto dev'essere per tutti?
E che dev'essere reciproco?
Sembra quasi, in questa raccomandazione un po' sibillina, apparentemente inutile, che ci sia qualche timore di infastidire i padroni di casa...
Ma... abbiamo forse dei padroni di casa?
Pubblichiamo la risposta di Corrado Augias ad un lettore di La Repubblica il 19 settembre 2012:
Pubblicato sul quotidiano online ARCIPELAGO l'articolo della nostra Elena Savino: